Le maschere Atellane
Le maschere erano caratterizzate ciascuna oltre che da un proprio eloquio, da una propria psicologia, anche dal punto di vista somatico. Per lo più realizzate con cortecce d'albero, terre policrome e tela cerata: molto scomode da portare, le sue parti in rilievo penetravano ben presto nella carne provocando fastidiosi disagi agli attori. Per non dire che, strettamente applicate al volto come erano, e per di più prive di un minimo di flessibilità, non permettevano alle palpebre di muoversi liberamente per cui le ciglia sfregando contro i bordi delle fessure facevano lacrimare gli occhi in un pianto pressochè continuo. A causa dell'estrema deperibilità dei materiali con cui erano costruite non è purtroppo sopravvissuto nessun esemplare, pertanto gli unici riferimenti provengono da qualche riproduzione in bronzo e alcune pitture.
I personaggi delle maschere atellane erano quattro,
e cioè Maccus, Buccus, Pappus e Dossennus.
Maccus, dal greco "maccoan" significa letteralmente "fare il
cretino", era un personaggio balordo, ghiottone, sempre innamorato,
e per questo sbeffeggiato e malmenato. Considerato da alcuni
studiosi il progenitore della maschera di Pulcinella o di Arlecchino.
Buccus, da "bucca", una forma popolare latina che sta per "uomo
dalla bocca grossa" era un personaggio prepotente ed infido,
continuamente in conflitto con i contadini che tiranneggiava.
Era caratterizzato simaticamente da una enorme bocca che stira un
ghigno smisurato, e da un profilo oltremodo pingue, ottenuto dagli
attori con vistose imbottiture sul ventre e sul deretano allo scopo
di accentuarne il carattere informe.
Pappus, dal greco "pappos" traducibile in "antenato", impersonava
un vecchio babbeo e vizioso.
Dossennus, nome dalla radice etrusca "ennus" e tuttavia
riconducibile al latino "dossus-dorsum", che sta per "gobba", è il saccente proprietario terriero ambizioso e vanitoso, un pò mago e un pò filosofo, astuto, imbroglione e sempre affamato.
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